OPEN STUDIO 2025 – 25 OTTOBRE 2025 – h.16:00 – 19:00
Evento su prenotazione

I lavori presentati in studio sono inediti e appartengono alla produzione più recente, realizzata dal 2024 a oggi. Comprendono gli Studi di Luce e Colore, alcuni graffiti e altre opere di grande formato attualmente in preparazione per collezioni private.
Nel 2000 espone a Shibuya Tokyo nello studio della giornalista fotografa Etsuko Hashimoto. Nel 2003 partecipa alla Primaverile Romana ARGAM. Nel 2009 prende parte ad una rassegna d’arte promossa dal Ministero dei Beni Culturali presso le sale della Biblioteca Angelica di Roma. Nel 2011 contribuisce con WILD CHERRY al progetto Shut OUT in collaborazione con la Regione Lazio. Espone presso le sale del Centro Direzionale Alitalia. Continua ad esporre in Giappone nel Kyushu: proprio qui nel 2014 partecipa ad una mostra dedicata ai tifoni tropicali.
“Allora Gesù disse ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.” Mt 16:24
“Then Jesus said to his disciples, “Whoever wishes to come after me must deny himself, take up his cross, and follow me.”
Matthew 16:24
Appunti d’arte
“….una delle esigenze fondamentali di Rothko e della sua arte: concepire il quadro come esperienza che lo spettatore è chiamato a compiere in prima persona senza altre mediazioni. «Un quadro vive in compagnia, dilatandosi e ravvivandosi nello sguardo di un visitatore sensibile»[12]: Rothko non prevede mediazioni critiche tra opera e spettatore, e neanche lunghe spiegazioni. La comprensione dei suoi dipinti «deve essere il frutto di un’esperienza consumata tra il quadro e l’osservatore. Il riconoscimento dell’arte è un autentico matrimonio di spiriti. E nell’arte, come nel matrimonio, la mancata consumazione è una condizione per l’annullamento». …”
https://www.laciviltacattolica.it/articolo/mark-rothko-un-pittore-sulla-soglia-della-luce/
https://www.finestresullarte.info/arte-base/mark-rothko-vita-opere-stilehttps://www.finestresullarte.info/arte-base/mark-rothko-vita-opere-stile
https://lezionidartecontemporanea.wordpress.com/2016/01/15/cose-il-minimalismo
IL COLOR FIELD E’ una corrente dell’Espressionismo Astratto che, a differenza di questo, non è gestuale, ma porta avanti un modo di dipingere dall’emotività più controllata. In questo stile non viene accentuata la corporeità, né il movimento (che viene appena accennato dal verso delle pennellate), ma il colore e le emozioni che questo suscita negli spettatori.
Questa corrente artistica viene chiamata “Color Field” cioè campo colorato, perché le opere presentano generalmente campiture uniformi, piatte e liquide.
Gli artisti lavoravano su tele grandi, dipingendo ampi campi di colore (color fields), spesso senza punti focali, marcate variazioni di tonalità e contrasto, o segni gestuali.
Benché le tecniche si distanziassero dall’action painting, l’obiettivo era comune: esplorare il significato simbolico e le emozioni universali.
MARK ROTHKO (1903-1970) Dal 1945 abbandonò le sperimentazioni in ambito surrealista e la figura, compiendo una decisa svolta verso l’astrazione. Si può dire che inizia a concentrarsi su quelli che finora erano stati solo gli sfondi su cui dipingeva: stesure monocrome rotte da tre o quattro presenze quadrangolari dai margini sfumati, masse cromatiche sospese che tendono ad equilibrarsi tra loro.
L’artista però non vuole rappresentare una sorta di orizzonte o paesaggio, ma vuole configurare piuttosto un’atmosfera, uno spazio che non ha nulla della realtà quotidiana.
Le tele, sempre verticali e di grande formato, si ricoprono di tonalità gialle e rosse, ocra e arancioni, ma anche blu e bianco. I dipinti non hanno più un titolo perché, secondo l’artista, non devono più essere interpretati, ma la fruizione dello spettatore deve semplicemente trasformarsi in una contemplazione che porti a un’esperienza spirituale.
Il colore, steso in ampie macchie rettangolari dai contorni indefiniti, è quindi il protagonista assoluto. Queste campiture, dapprima contrassegnate da gradi diversi di trasparenza, poi sempre più sature e intense, fluttuano su sfondi monocromi che compaiono sul perimetro e sui bordi della tela perché per Rothko l’opera deve essere priva di cornice.
L’artista affermava di voler dipingere il sublime, sottolineando la dimensione spirituale della sua arte. Rothko era affascinato dall’arte antica e dai miti e si identificava con le loro “forze potenti e con l’accettazione della brutalità del mondo naturale come dell’eterna insicurezza della vita”.
Usa pennellate sfumate e sfocate che amalgamano le sottili variazioni di colore e danno l’idea che i colori fluttuino. I bordi dei rettangoli appaiono per lo più incerti e finiscono con lo stemperarsi in maniera graduale, fino a scomparire a volte in passaggi sfumati tra una tinta e l’altra.
Le opere di Rothko quindi sono sempre grandissime e verticali, bilanciate nei pesi da un lento, misurato lavoro di studio tra le diverse intensità delle bande orizzontali di colori.
Pur enfatizzando la bidimensionalità del piano dell’immagine e ignorando la prospettiva, i suoi quadri conservano un senso di profondità e i colori di diversa intensità sembrano avanzare e retrocedere.
I colori che usa Rothko sono opachi e di spessore diverso da zona a zona. I rapporti cromatici tra le aree sono tali da dare l’impressione che gli spazi avanzino o arretrino alla nostra vista. Le parti chiare assumono l’aspetto di bagliori, quasi delle apparizioni divine attraverso la luce.
I rettangoli di colore non sono uguali e non hanno margini netti, ma sfumati, come se fossero nuvole. Queste ampie stesure di colore molto diluito sono in relazione tra loro per effetti di contraddizione e dilatazione.
I blocchi di colore occupano l’intero campo visivo dell’osservatore; l’artista voleva che lo spettatore entrasse nel quadro e fosse travolto da un impatto spirituale e sensoriale.
Mentre Pollock fissa il gesto irripetibile del corpo a corpo (tra artista e tela), Rothko sembra dar vita a una pittura senza pittore. Il soggetto dei suoi quadri è il venir meno, l’assenza dell’autore stesso. La cura esecutiva si risolve quindi in una sintesi estrema che avvolge lo spettatore in un silenzio meditativo. E’ una pittura mentale, ermetica e vibrante fino ai limiti dell’implosione.
Nel suo percorso le tele si fanno via via più scure, fino alle ultime che sono quasi completamente nere segnando quello stato d’animo, sempre più depresso che si concluse col suo suicidio.